PLANCTUS di Laura Liberale
L’autrice , che ho la fortuna di conoscere personalmente, tramite un social, mi aveva chiesto di esprimere la mia opinione riguardo questa sua ultima fatica. Ed ecco la risposta che, sempre tramite social, le ho inviato. Ovviamente è una mia opinione, un’ipotesi di interpretazione ..
La cosa che mi ha compito, in primis, è stata la copertina. Quel balletto di piccoli scheletrini danzanti strideva con quel titolo in serioso latino o perlomeno pareva sfidarlo. Incuriosito ho iniziato la lettura e subito mi è parso (almeno credo) tutto più chiaro. L’imprinting iniziale è quello di un testo scritto in invidiabile lingua italiana, che da subito appare quasi come una piece teatrale. L’argomento è tragico, pesante, inesorabile. Ma i quattro personaggi principali lo rendono essenziale e purificato. E lo fanno in modo tragicamente grottesco. Quasi come novelle maschere della commedia dell’arte, si muovono tracciando le loro esperienze in una maniera talmente spiazzante da rendere il tabù della morte una presenza inevitabile ma necessaria. È proprio in quel balletto di scheletrini che la purificazione attraverso l’esperienza dolorosa della perdita appare levigata con tinte talvolta di incomprensibile fascino. Il planctus finale non avviene in realtà nelle ultime pagine del libro ma è una colonna sonora presente già nelle prime pagine. Anzi, quasi si attutisce continuando la lettura, donando al lettore una sorta di comprensione e assuefazione al concetto di morte che lo circonda procedendo con la lettura. I quattro personaggi principali, per questo, non sono mai tragici, ma credibili, efficaci e dannatamente reali. Il dolore, la perdita, la morte fanno parte della nostra realtà e, forse, il vero planctus è per tutti coloro che vorrebbero allontanarne il significato che inevitabilmente hanno nella nostra esistenza.
Mauro Giavarina
9 ottobre 2015