La musica è effimera (sempre di più)
La musica è una forma effimera di espressione umana. Si manifesta in un determinato spazio di tempo e poi svanisce, si dissolve, non lascia traccia se non nel ricordo di chi la ascolta.
Se pensiamo alle diverse forme artistiche umane, la musica si caratterizza proprio per questa transitorietà, per il suo catturare il tempo per un po’ e poi svanire. Non è come un quadro che rimane appeso ad occupare lo spazio e il tempo in ogni istante.
Forse proprio in questa caratteristica assume un fascino particolare perché interviene in spazi di tempo determinati, scelti dall’esecutore o dall’ascoltatore; e spesso questi spazi sono scelti appositamente per essere associati a particolari situazioni dell’esistenza o a particolari emozioni e sensazioni che la musica non fa altro che amplificare.
Ecco quindi che l’esecuzione e l’ascolto musicale sono sempre stati momenti avvolti da una sorta di stupore quasi magico.
Questo valeva certamente nelle epoche passate fino a quasi tutto il secolo scorso, ma nell’epoca contemporanea questa particolarità è andata sempre più diminuendo fino a quasi sparire.
Prima dell’avvento dell’energia elettrica e delle scoperte in campo di riproduzione audio, la musica nasceva e poteva essere ascoltata solo nel momento stesso dell’esecuzione.
Successivamente, grazie alle scoperte tecnologiche, è stato possibile ascoltare la musica non solo suonandola o ascoltando dei musicisti, ma semplicemente utilizzando un diffusore audio.
L’ascolto musicale poteva quindi essere deciso dall’ascoltatore e inserito in un qualsiasi spazio temporale senza necessita di strumenti o esecutori.
Oggi siamo sommersi dalla musica; è presente ovunque, oltre che nelle nostre abitazioni tramite tv, computer e smartphone anche in quasi tutti gli ambienti pubblici. Inoltre la diffusione della musica on line, in uno spazio non fisico, non ha fatto altro che amplificare la sua entità effimera.
Negli ultimi decenni sono quasi spariti, e forse spariranno completamente nei prossimi, anche i supporti fisici per la riproduzione musicale. Rimangono ancora fortunatamente gli strumenti musicali e gli esecutori, ma è quasi andata persa la poca fisicità che la musica poteva donarci.
Dall’ottocento in poi abbiamo bloccato la transitorietà della musica prima con i dischi in cera, poi in vinile e successivamente con i cd digitali. Oggi la musica, per la maggior parte delle persone, è diventata un qualcosa di usa e getta. Si ascolta secondo il proprio piacere e poi, nella maggior parte dei casi, si “butta” per far posto a nuova musica. Spesso non rimane nulla del precedente ascolto, superato dal nuovo e per questo abbandonato.
Le nuove generazioni spesso non hanno più il gusto di trattenere la musica mediante supporti che permettano di bloccare la sua entità effimera. Nei decenni passati c’era la necessità di avere supporti che, in un certo senso, bloccassero quel frammento di tempo occupato dalla musica.
Dischi, LP e CD erano necessari, ricercati e trattati quasi con rispetto. C’era il piacere di possedere quel frammento di musica e di tempo. Ora questo desiderio rimane solo per gli appassionati, che non sono molti e non sono certo appartenenti alle ultime generazioni.
La musica così è sempre più effimera e transitoria e lascerà sempre meno spazio a quella memoria che è l’unica che la può salvare dall’oblio e che può restituirle il valore che, negli ultimi decenni, ha inevitabilmente perso.
(questo articolo è stato trasmesso da una emittente Radio piemontese: cliccare l’mmagine per ascoltare il podcast).