Al mio pianoforte
Se tu potessi rimirare
le radici di quel albero
evirato dalla terra ruvida
che in vita ti teneva
senza l’ardire d’alcuna nota..
Eri armonia impastata di silenzio.
.. vedresti allora l’ascia che recise
quella prima vita statuaria
con l’erba che assisteva
mormorata dall’umida aria.
Il legno rosso lascia la dimora
e il bosco lo piange piano.
Sapeva che l’incontro arrivava
frusciando le foglie secche,
colorandosi d’un nuovo sapore,
tepore inconsueto della musica.
Sfasciato dal tronco madre,
inquadrato nella tua forma
utile ad alimentare la linfa nuova,
vedresti lo specchio delle mie mani
Il segno della vita tua nuova e riverita.
E pensando all’immenso calore
che fuse il metallo greve
a formare fili miracolosi,
forse il tremolio del suono
t’apparirebbe meno consueto
e l’alito umano meno alieno.
Mauro Giavarina (2016)